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- Data di Pubblicazione 23 Maggio 2020
- Ultimo aggiornamento 24 Maggio 2020
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Così recita un’antica canzone popolare calabrese che esprime il sentire comune, il disprezzo per la infelice condizione del pastore costretto, dall’alba al tramonto, nella solitudine degli altipiani, in compagnia dei soli cani ad accudire le pecore. Nelle ore più calde, quando il gregge mereggia all’ombra, dopo aver consumato un pasto frugale, di solito pane e "casu", per vincere la cupa malinconia, 'U Picuràru estrae lo zufolo o l’organetto per suonare sempre la stessa nenia che, nella monotonia delle note, ben si addiceva alla tristezza del suo animo in pena per la lontananza dai familiari.